Maggiore flessibilità nell’uso di Ogm: questa dunque la promessa dell’Europa. La proposta della Commissione, spiega una nota di Bruxelles, “invia un segnale forte ai cittadini confermando che l’Europa tiene conto delle loro preoccupazioni, che possono variare da un paese all’altro. Il nuovo approccio è teso a raggiungere il giusto equilibrio tra il mantenimento del sistema di autorizzazione dell’UE e la libertà di decisione degli Stati membri riguardo all’uso degli Ogm nel loro territorio.

Data l’importanza cruciale di mantenere un sistema unico di gestione del rischio al fine di garantire lo stesso livello di protezione in tutta l’UE, non verrà modificato l’attuale sistema di autorizzazione, fondato su basi scientifiche e sulle norme in materia di etichettatura che garantiscono la libertà di scelta per il consumatore. La novità consiste nel fatto che, una volta che un Ogm è autorizzato per l’uso in Europa come alimento o come mangime, gli Stati membri avranno la possibilità di decidere se consentire o no che un determinato ogm venga usato nella loro catena alimentare (misure di opt-out)”. Le misure di opt-out dovranno fondarsi su motivi legittimi, spiega la Commissione, quale rischi per la salute umana o animale o per l’ambiente. La proposta legislativa sarà ora trasmessa al Parlamento europeo e al Consiglio e seguirà la procedura legislativa ordinaria.

Greenpeace ritiene che la proposta della Commissione per modificare le procedure autorizzative sulle importazioni di Ogm in Europa “sia perfettamente inutile, dato che lascia inalterato il problema di base: la Commissione può ancora autorizzare Ogm (per alimenti e mangimi) anche quando la maggioranza dei governi nazionali, e il Parlamento Europeo, sono contrari”.

Se dovesse passare, consentirebbe alla Commissione di continuare a ignorare la grande opposizione dei cittadini europei contro gli Ogm, in barba alle promesse fatte dal presidente Juncker di consentire alla maggioranza degli Stati membri la facoltà di bloccare le decisioni della Commissione sugli Ogm

Adesso, piuttosto che cambiare le procedure autorizzative, la Commissione vorrebbe permettere agli stati UE di decidere autonomamente se vietare le importazioni di determinati Ogm nei loro territori. Senza adeguati strumenti legali a difesa di queste decisioni, per i Paesi membri questa è una scelta suicida!!

Di “cavilli linguistici” e di formule molto generiche che renderebbero difficile applicare un divieto nazionale parlano anche Slow Food Italia e Legambiente.

In concreto, la Commissione ricorre al cavillo giuridico del “divieto di utilizzo” per non infrangere la normativa comunitaria sulla libera circolazione delle merci nel mercato interno europeo, così, alimenti e mangimi Ogm autorizzati a livello comunitario potranno essere commercializzati in tutti gli Stati membri dell’Unione europea, ma alcuni paesi potranno vietarne l’utilizzo

“Ma questa è una formulazione tanto generica e restrittiva che rende difficilmente applicabile la possibilità di divieto nazionale, aprendo le porte a numerosi contenziosi giuridici. Non a caso la recente direttiva 2015/412 specifica chiaramente che il divieto di coltivazione di Ogm autorizzati può avvenire per ragioni socioeconomiche, di uso dei suoli, di pianificazione territoriale, di contaminazione transgenica di altre coltivazioni, di politica agricola e di politica ambientale

L’unica soluzione che la Commissione ha di fronte è procedere, come previsto dalla recente direttiva 2015/412, a una profonda revisione della procedura di valutazione del rischio ambientale e sanitario degli Ogm, in modo da colmare le forti lacune dell’attuale sistema di autorizzazione comunitario. Solo così sarà possibile superare l’attuale impasse politica e ricostruire un rapporto di fiducia con i Cittadini europei!!.

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