No alle “bustine” sullo schermo TV con all’interno messaggi per sollecitare mancati pagamenti, se violano la privacy dei clienti. Sky deve evitare le prassi invasive nel recupero dei crediti. E’ quanto ha stabilito il Garante per la privacy a seguito della segnalazione di un abbonato Sky che lamentava la modalità di comunicazione utilizzata dalla società che a suo avviso consentiva ad estranei di conoscere  la eventuale posizione debitoria a suo carico (peraltro contestata dall’interessato).

Il sistema utilizzato da Sky, secondo gli elementi forniti dalla società, prevede l’invio di messaggi al decoder del cliente che sono “visualizzabili sullo schermo solo se il cliente decide di leggerli”. Sul televisore “viene semplicemente visualizzato un banner con l’icona di una busta”: è  possibile leggere subito il messaggio oppure chiudere il banner per leggere il messaggio in un secondo momento.

Dall’istruttoria avviata dal Garante è emerso tuttavia che tale trattamento di dati non risulta lecito. Il messaggio inviato al cliente, per le modalità utilizzate, si presta infatti ad essere conosciuto da un numero indeterminato di soggetti, dal momento che il tasto del telecomando che consente la lettura o meno del messaggio  può essere azionato da chiunque si trovi davanti allo schermo, senza nessun filtro.

Se intende continuare ad utilizzare il sistema dei messaggi sul televisore Sky dovrà dunque adottare le misure  prescritte dal Garante. Allo scopo di escludere il rischio, anche potenziale, di diffusione a terzi di informazioni sulla situazione debitoria del cliente ed evitare casi analoghi a quello segnalato, la società dovrà prevedere l’utilizzo di un codice di accesso al contenuto del messaggio che verrà consegnato al cliente al momento della sottoscrizione del contratto e che servirà per leggere il messaggio. La società dovrà comunque privilegiare per l’invio di solleciti di pagamento altre modalità, quali ad esempio la comunicazione via mail o l’invio di un messaggio in busta chiusa all’indirizzo del cliente.

L’inosservanza del provvedimento del Garante da parte della società comporta il pagamento di una somma che può andare da trentamila a centottantamila euro.

Le prassi di recupero dei crediti caratterizzate da modalità di presa di contatto invasive e talora lesive della riservatezza delle persone tali da determinare una comunicazione ingiustificata a soggetti terzi rispetto al debitore, erano già state in passato censurate dall’Autorità con un provvedimento rivolto sia alle società di recupero crediti sia a quanti – finanziarie, banche, concessionari di pubblici servizi, compagnie telefoniche – svolgono questa attività direttamente.

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