Sono tante le critiche che vengono mosse dalla società civile nei confronti del Ttip, trattato transatlantico per il commercio e gli investimenti, l’accordo di libero scambio che Stati Uniti ed Europa stanno negoziando. I prossimi negoziati si svolgeranno a Bruxelles il 2 febbraio. Contro il trattato si sono espresse numerose associazioni della società civile che contestano opacità dei negoziati e conseguenze sui Consumatori. Sulla sicurezza alimentare le norme in vigore in Ue ed Usa sono molto diverse e un accordo di libero scambio abbasserebbe sicurezza e diritti dei Consumatori.

Le trattative dovrebbero concludersi quest’anno: il Ttip (Transatlantic Trade and Investment Partnership) è il patto economico che dovrebbe garantire lo scambio di più merci e servizi, abbattendo dazi e differenze normative che ora impediscono il libero accesso. L’accordo, secondo i sostenitori, porterebbe a un aumento dell’export e a maggiore concorrenza, ma i detrattori sottolineano i rischi per le tutele dei consumatori (uno fra gli altri punti: un ulteriore elemento molto contestato rimanda alle regole per la risoluzione delle controversie tra investitore e Stato con la possibilità di ricorrere a tribunali terzi). In particolare si sottolineano i rischi per la sicurezza alimentare, collegati al fatto che le norme di Europa e Stati Uniti sono completamente diverse.

I negoziatori rassicurano del fatto che i nostri standard quanto a sicurezza non verranno toccati in nome dell’armonizzazione con quelli degli Stati Uniti, ma in realtà ancora non si sa nulla di certo, le pressioni delle imprese per esportare di più sono forti e la posta in gioco è troppo alta per permettersi di non mantenere alta la guardia!. Ci sono alcuni punti nei quali la differenza con gli Stati Uniti è molto forte. Su questi, non potremmo mai ammettere nessuna omologazione al ribasso delle nostre regole.

Riportiamo alcuni di questi casi. Il primo, più evidente, è il fatto che l’Europa segue il principio di precauzione: “se c’è un rischio molto elevato che un prodotto possa far male, in Europa, le autorità possono intervenire in attesa di accertamenti scientifici; negli States vige il principio praticamente opposto, per cui alimenti e procedure sono sicuri fino a prova contraria”. C’è poi una maggiore severità dell’Unione europea su tutta la filiera: “Nel nostro sistema la sicurezza deve essere garantita lungo tutta la filiera produttiva “from farm to fork” (dai campi alla tavola), con prerequisiti igienici per i produttori, tracciabilità del prodotto ecc.; il sistema Usa, invece, verifica per lo più la sicurezza del prodotto finito (ecco perché i trattamenti di igienizzazione chimica con la clorina sulla carne di pollo sono così diffusi, mentre in Ue sono proibiti)”. Negli Stati Uniti è ammessa la somministrazione di ormoni al bestiame, cosa proibita in Europa perché mancano dati sufficienti sulla loro sicurezza. Così come i limiti europei sugli antibiotici dati negli allevamenti sono molto più restrittivi di quanto accada negli States. Altro tema è quello della segnalazione degli Ogm in etichetta: “Nell’Ue i prodotti che contengono più dello 0,9% di Ogm devono dichiararne la presenza in etichetta. L’informazione sulle confezioni non è obbligatoria mai, invece, negli Stati Uniti”. Ci sono poi preoccupazioni sulla possibilità che vengano esportati dagli Usa prodotti italian sounding.

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