Solleciti telefonici e digitali insistenti e ripetuti, visite domiciliari anche ai vicini di casa o al datore di lavoro, minaccia di azioni legali: il consumatore di fronte a tutto questo era indotto a pagare i crediti che gli venivano richiesti anche se oggetto di contestazione o con problemi di prescrizione. “Indebito coindizionamento”, dice l’Antitrust, che ha multato la società di recupero crediti Recus Spa per 500 mila euro. “Pratiche commerciali scorrette, in quanto aggressive”, spiega l’Autorità.

Pratiche commerciali scorrette sono quelle che, secondo l’Antitrust, la società Recus “ha messo in atto autonomamente per recuperare vari crediti a favore di società in prevalenza fornitrici di utenze domestiche (energia elettrica, gas, telefonia fissa). Le condotte si sono manifestate attraverso insistenti solleciti telefonici, continue richieste epistolari e digitali (via mail, sms), nonché visite domiciliari: e ciò anche presso terze persone, quali i vicini di casa o i parenti del debitore, in modo da esercitare un indebito condizionamento”. L’obiettivo era di indurre il debitore a pagare crediti non specificati nelle comunicazioni, o da lui contestati anche per problemi di prescrizione, minacciando azioni legali in caso di mancato pagamento.

Spiega l’Antitrust: “A seguito delle verifiche ispettive svolte con la collaborazione del Nucleo Speciale Tutela mercati della Guardia di Finanza, l’Antitrust ha accertato che la società Recus ha posto in essere comportamenti che, complessivamente considerati, hanno falsato in misura apprezzabile il comportamento economico del consumatore medio a cui sono stati diretti. Lo stato di “indebito condizionamento” è stato provocato dalle condotte della società per il recupero crediti, poste in essere secondo programmi comportamentali pianificati in base a strategie aziendali prestabilite e utilizzando un apparato organizzativo per realizzare tali programmi, con l’effetto di indurre i consumatori ad adottare decisioni commerciali che altrimenti non avrebbero preso”.

Nella sua decisione, l’Autorità contesta ad esempio che, per i solleciti telefonici, risulta che il professionista “in via sistematica e insistente effettua attività di rintraccio e di sollecito telefonico presso il debitore o anche presso i parenti e sul luogo di lavoro, al fine di indurre l’obbligato a prendere contatti con l’incaricato della società di recupero crediti”: in alcuni casi, dice l’Antitrust, sono state fatte più di due telefonate al giorno, per un periodo che può variare dai 60 ai 120 giorni, e le sollecitazioni fatte anche presso terze persone creano evidentemente tensione nella persona cercata. Così con i solleciti epistolari e digitali che prospettavano imminenti azioni legali se non si pagava in un termine breve, da cinque a sette giorni dalla ricezione della lettera, creavano nel consumatore il convincimento che, a prescindere dalla fondatezza della propria posizione debitoria, fosse preferibile pagare rapidamente l’importo piuttosto che esporsi a un contezioso giudiziario. L’Antitrust boccia infine le visite domiciliari perché “dalle indicazioni interne acquisite agli atti del fascicolo è emersa una strategia programmata e pianificata attuata dal professionista in base alla quale le visite sono svolte ripetutamente al fine di conservare un contatto continuo con il consumatore e in tal modo di creare una pressione sui presunti debitori insolventi, soprattutto nel caso in cui l’incaricato precisi che si tratta di una visita di “carattere amministrativo”.

Tale strategia produce l’effetto di infondere tensione sul presunto debitore insolvente inducendolo a prendere contatti con l’agente esattore di Recus o direttamente al pagamento”.

Il risultato è una pressione insostenibile sul consumatore. Spiega l’Antitrust che “lo stato di “indebito condizionamento” causato dalle condotte di Recus, secondo programmi comportamentali pianificati sulla base di prestabilite strategie aziendali e utilizzando un apparato organizzativo diretto a realizzare tali programmi, deriva dagli insistenti e reiterati solleciti di pagamento veicolati per via telefonica o digitale, anche presso soggetti diversi dai debitori interessati (vicini di casa o datore di lavoro), dalle comunicazioni scritte di “costituzione in mora” che includono la minaccia di imminenti azioni giudiziarie, nonché dalle “visite domiciliari”, con l’effetto di indurre i consumatori ad adottare una decisione di natura commerciale che non avrebbero altrimenti preso (pagamento di crediti oggetto di contestazione, con problemi di prescrizione, di dubbia esigibilità, ecc.) a seguito della tensione e dei timori indotti dal comportamento del professionista”. Da qui la sanzione di mezzo milione di euro.

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