Annata difficile per l’olio extravergine italiano. Talmente difficile che l’inchiesta fatta dal mensile Il Test ha bocciato quasi metà dei campioni analizzati: ben 9 bottiglie sulle 20 che sono state fatte analizzare dal laboratorio chimico di Roma dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli sono state declassate dal Comitato di assaggio a semplici “oli di oliva vergine”. L’inchiesta campeggia sulla copertina del prossimo numero del mensile, in edicola da sabato 23 maggio.

“Lo scivolone dell’extravergine”, è il titolo di copertina dell’inchiesta realizzata da Enrico Cinotti, che ha già sollevato polemiche e reazioni da parte delle grandi industrie. Scrive Cinotti: “Extravergine di nome ma non di fatto. Ben 9 bottiglie sulle 20 che abbiamo fatto analizzare dal laboratorio chimico di Roma dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli sono state declassate dal Comitato di assaggio a semplici “oli di oliva vergine”. Un olio per essere extravergine deve rispettare i parametri chimici previsti dalla normativa e superare la prova del panel test, obbligatoria per legge dal 1991, senza presentare difetti organolettici. L’attribuzione anche di una sola nota negativa dagli assaggiatori accreditati ne decreta il declassamento, ad esempio dalla categoria “extravergine” a quella inferiore di “vergine”. E questo è esattamente quello che è accaduto quasi per un prodotto su due di quelli che il Test ha portato in laboratorio per verificare, dopo una stagione olearia disastrosa, cosa troviamo sugli scaffali”. I problemi per il consumatore stanno nel portafogli: “acquistare un extravergine per ritrovarsi un semplice vergine significa aver speso almeno il 30-40% in più per un prodotto che viene presentato in tutt’altro modo”, continua l’inchiesta del Test. Naturalmente le aziende hanno protestato, alcune hanno disconosciuto i dati e ripetendo la prova organolettica sullo stesso lotto “giurano sulla regolarità del loro prodotto”.

Scrive sul sito internet del Test il direttore, Riccardo Quintili: “Un titolo appropriato, riteniamo, per un servizio che sta già facendo discutere, e per il quale si è già alzato il fuoco di sbarramento preventivo di molti uffici legali di importanti multinazionali e grandi industrie che ci hanno promesso cause milionarie. Le sosterremo, convinti che il nostro mestiere non possa fermarsi di fronte alle minacce di chi vorrebbe imporci il silenzio”.

Di sicuro c’è che il settore oleario sta attraversando una fase difficile a causa della scarsa produzione e dell’esaurimento degli stock. E di sicuro ci sono problemi sul prezzo. “Dal campo allo scaffale il prezzo di un extravergine rischia di raddoppiare e per portare in tavola un litro di “oro verde” 100% italiano quest’anno, fatta eccezione per le offerte, non si dovrebbe spendere meno di 8 euro – scrive ancora Quintili – E se il prodotto sullo scaffale non è in promozione e il listino va al di sotto quella cifra? Sarebbe il caso di dubitare della qualità del prodotto e soprattutto della denominazione “tricolore” dell’olio”.

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