“L’interdizione di De Luca è relativa alla sua persona, nessuno può ritenerlo legalmente titolare dell’esercizio delle funzioni presidenziali”. “La scelta di procedere alla proclamazione è un rischio che si decide di correre consapevolmente ma che va contro quanto stabilito dalla legge”. È quanto dichiara Gianluigi Pellegrino, legale del Movimento Difesa del Cittadino, nel giorno in cui De Luca viene proclamato governatore della Campania.

Su De Luca pende la sospensione dalla carica di presidente della Campania per effetto della legge Severino. “L’interdizione di cui è portatore Vincenzo De Luca, come ha ribadito la Cassazione, è direttamente relativa alla sua persona, impedendogli in radice di esercitare qualsivoglia funzione pubblica e come sancito dalla Corte Costituzionale di adottare qualunque atto. Pertanto nessuno, a cominciare dagli stessi uffici regionali, può ritenere De Luca legalmente titolare dell’esercizio delle funzioni presidenziali”: questo il commento di Pellegrino, che sta conducendo una battaglia di legalità per la credibilità delle istituzioni della Campania. Per il legale nessun politico condannato o che si trovi nella situazione, pur temporanea, di interdizione può assumere la funzione, per cui la scelta di procedere alla proclamazione è un rischio che si decide di correre consapevolmente ma che va contro quanto stabilito dalla legge.

Nel parere pro veritate reso al Movimento Difesa del Cittadino, l’avvocato spiega che “l’istituto della sospensione obbligatoria ex lege opera non già con riguardo all’organizzazione o la funzionalità di questo o quell’ente, ma direttamente in capo alla persona rispetto alla quale si verifica la condizione fissata dalla legge, inibendo a suo carico in radice l’esercizio della funzione pubblica quale contenuto del diritto di elettorato passivo che viene per legge e in tali termini interdetto”. Di conseguenza “il decreto della Presidenza del consiglio dei ministri che prende atto dell’esistenza di tale interdizione, è meramente dichiarativo e ciò proprio in quanto si limita a rilevare che in capo a quella persona eletta opera la causa interdittiva stabilita dalla legge – si legge nel parere – Sicchè all’eletto è inibito ex lege l’esercizio della funzione, atteso che la sua facoltà di esercizio della carica quale contenuto del suo diritto di elettorato passivo è sul punto inibita dalla norma di legge. Detto in altri termini tale interdizione, la persona interessata la porta con sé a prescindere da quale carica elettiva ambisca ad esercitare”.

Se l’accesso alla candidatura è possibile, questo avviene però assumendosi il rischio che al momento della proclamazione l’interdizione permanga da subito. Spiega infatti Pellegrino che “pur essendo ben possibile sul versante giuridico accedere ad una qualsivoglia candidatura pur avendo a proprio carico la richiamata causa interdittiva (temporanea ma assoluta), ciò avviene assumendosi il rischio che se al momento della proclamazione quella causa permanga la funzione pubblica non può in alcun modo essere assunta, nemmeno per un attimo”. Il parere è dunque quello che “ non possa essere allegata alcuna causa ostativa all’applicazione della legge né ragione giuridica alcuna per abbuonare in tutto o in parte l’interdizione stabilita dalla legge a tutela di primari interessi posti a salvaguardia della funzione pubblica (come da pacifico insegnamento anche della Corte costituzionale).

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