Sanzioni a livello europeo, trasparenza di salari, divieto di discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere: sono le richieste del Parlamento europeo di fronte alla persistente presenza di forti differenze salariali fra uomini e donne dell’Unione europea. Un fenomeno ben lontano dall’essere superato dagli Stati, ancora lenti a far applicare e rispettare il principio di parità di retribuzione. Per ridurre il divario salariale il Parlamento Ue ha chiesto misure vincolanti.

In una risoluzione non legislativa votata oggi, il Parlamento ha evidenziato come, nonostante la direttiva UE del 2006 sulla parità tra uomini e donne nel mercato del lavoro, le differenze di salario persistano e siano addirittura in crescita. Poiché gli Stati membri non hanno migliorato le norme in materia di pari opportunità, i deputati sollecitano la Commissione a presentare una nuova normativa che preveda “mezzi più efficaci per vigilare sull’attuazione e l’applicazione della direttiva negli Stati membri“. Gli Stati sono lenti a far applicare e a far rispettare il principio di parità di retribuzione: il divario salariale e pensionistico tra uomini e donne si attesti in media sul 16,4% e 38,5% (dati Eurostat 2013) in tutta l’UE, con significative differenze tra i paesi. Meglio vanno ad esempio Francia e Paesi Bassi, mentre il divario retributivo di genere risulta più ampio in Italia, Estonia, Austria, Germania, Repubblica Ceca e Slovacchia. “La parità di retribuzione a parità di lavoro è un principio equo che deve essere valorizzato da tutti i datori di lavoro. Oggi non è così, e questo è il motivo per cui abbiamo bisogno di una legislazione migliore”, ha detto la relatrice Anna Záborská (PPE, SK).

Poiché non sono stati fatti progressi, i deputati propongono audit salariali obbligatori per le grandi società quotate in borsa e possibili sanzioni a livello europeo in caso di non conformità (come ad esempio escludere le società dagli appalti pubblici di beni e servizi finanziati dall’UE) e sanzioni pecuniarie per i datori di lavoro che non rispettano la parità salariale. Nella risoluzione si chiede inoltre trasparenza dei salari, assistenza legale gratuita alle vittime delle discriminazioni, divieto di qualsiasi discriminazione basata sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere, conciliazione tra lavoro e vita privata (e impedire il licenziamento ingiusto durante la gravidanza), e misure per intensificare la partecipazione delle donne nel processo decisionale.

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